domenica 13 maggio 2007

La famiglia divina (1)

Se gli dei dell’epica avevano in precedenza rappresentao fenomeni naturali e se avevano avuto a che fare con gli animali, Omero l’ignora del tutto. Se abbiano avuto degli antenati e si collochino nel corso di una teogonia (dal greco theos, dio e genos, stirpe) egli l’ignora altrettanto. I miti di Esiodo o di Eschilo sono estranei al temperamento di Omero. Ed è già tanto se egli fa allusione, casualmente, a lontane guerre tra gli dei, che, in questo caso, sembrano ribellioni casuali e quasi dimenticate (Il., I, 399 sgg.; V, 381 sgg.). L’ordine regna presso gli dei omerici e Zeus lo garantisce.
Zeus è il re. In principio il mondo è stato diviso tra lui e i suoi fratelli, Ade e Poseidone, ma egli è il maggiore e comanda. Nonostante le vivaci proteste, Poseidone accetta i suoi ordini (Il., XV, 211: “Ebbene, d’accordo, per questa volta, malgrado sia adirato, mi piegherò”). Quanto agli altri dei, devono solo obbedire. Era è sua sposa, Atena figlia solo sua, nata dalla sua testa; Apollo e Artemide, Afrodite, Ares, Efesto, sono suoi figli; egli è il padre sovrano. Ma, cosa strana, questa stessa autorità si presenta in Omero senza la benchè minima maestà.
In una certa misura, l’autorità di Zeus consiste nella forza. All’inizio del canto VIII dell’Iliade, quando Zeus vieta agli dei di intervenire nella guerra, minaccia di colpirli e parla di gettarli nell’”oscuro Tartaro”; poi sostiene che, se anche tutti gli dei si appendessero a una catena d’oro e tirassero, non riuscirebbero a trascinare via Zeus dal cielo. Mentre lui potrebbe sollevare in aria la terra, il mare e tutti gli dei messi insieme (VIII, 5-27). Questa prova da baraccone si addice a un saltimbanco più che a un dio supremo.
Ed è soprattutto sorprendente che Zeus debba continuamente richiamare all’ordine la sua famiglia, sempre pronta a disubbidire. Ci sono, nei suoi comportamenti, tratti realistici che sfiorano la commedia. Quella che più teme, come la maggior parte degli uomini, è la moglie, e la sua prima reazione, nel primo canto dell’Iliade, quando Teti chiede il suo aiuto per Achille, è di rispondere: “Ah, brutto affare se tu devi mettermi in contrasto con Era, il giorno in cui verrà a provocarmi con parole ingiuriose! Anche senza motivo quella viene ad attaccare briga con me davanti agli dei immortali, sostenendo che io aiuto i Troiani nei combattimenti!” (518-521). Il bello è che Era, appena appare, sospetta subito qualcosa, protesta, interroga e cede, alla fine, soltanto alle minacce. Occorre che Efesto si dia da fare per placare la scenata familiare e ristabilire il buon umore generale.

Jacqueline de Romilly, Omero (1998)

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