martedì 22 maggio 2007

Lucano e gli dèi

"Non v’è quasi asserzione nella Pharsalia che non sia puntualmente contraddetta in altri passi del poema: gli esempi più cospicui di questa scissione sono nella concezione religiosa, nel sogno del passato, nell’ideale politico. Ci si è vanamente sforzati di rivendicare una sia pur incrinata coerenza nella religiosità di Lucano: ma egli nomina gli dèi prevalentemente per revocarne in dubbio l’esistenza, o per negarla.
Certo gli dèi ricorrono di frequente nel corso del poema, ma solo come elementi automatici dello stile epico, tòpoi svuotati d’ogni pregnanza, quando non siano aggrediti dal rancore dei mortali negletti e perseguitati. Anche chi ipotizza la sostituzione della Fortuna alle tradizionali divinità dell’Olimpo, dà solo un nome solenne a una casualità non ferreamente determinata, che sola muove gli individui e le turbe, i fenomeni naturali e politici; ad essa si sommano, o si alleano, condizionandola, gli interessi, i giudizi, gli affetti degli uomini. Non mancano, nel poema, la demistificazione e la spiegazione razionale di fenomeni apparentemente sovrannaturali: così gli ancili, rapiti dal vento ad altri popoli, e fatti cadere come dono divino ai piedi del re Numa, e poi imbracciati dai sacerdoti Salii (IX, 474-80). Un Lucrezio redivivo avrebbe consentito allo scetticismo di Lucano: né è un caso che esso abbia suscitato a distanza di secoli l’elogio di Voltaire".

Luca Canali

Nessun commento: